Care democratiche, cari democratici,
se pensate che sia stata una truffa, un inganno perpetrato ai danni degli elettori, un inciucio pianificato non continuate a leggere, non servirebbe. Se invece volete capire, se siete perplessi, ma concedete a tutti il beneficio della buona fede, allora buona lettura.
La scelta di sostenere Giulia Robol alla segreteria del Partito democratico del Trentino si basa su diverse motivazioni, alcune delle quali legate al percorso congressuale, altre maturate nell’ultima settimana, quella seguita al primo turno, per intenderci. Non so quanti dei lettori di questa mia lettera aperta vorranno arrivare fino in fondo e per questo vado al nocciolo della questione ed al motivo prevalente della mia scelta: ritengo che Giulia sia più indicata di Elisa per fare la segretaria. Tutto qua, mi verrebbe da dire. Sono fermamente convinto che il più adatto fossi io, ma evidentemente quanti erano della stessa mia opinione non sono stati in un numero sufficiente (come nel caso delle due mie contendenti, peraltro) e ne ho preso atto e sarebbe bene che lo facessero anche Elisa e di suoi sostenitori più accesi. Conclusosi il primo turno siamo entrati nell’ordine delle idee di scegliere la migliore (o la meno peggiore) delle due proposte in campo, in una logica puramente maggioritaria, nella stessa condizione nella quale ci si trova al secondo turno dell’elezione di un sindaco che non è quello che hai sostenuto al primo. La scelta di Giulia si basa quindi su un criterio di adeguatezza, lo stesso sulla base del quale avevo costruito la mia candidatura, l’idea cioè che in politica i ruoli non siano intercambiabili, che non esista il politico tuttofare, ma che ognuno abbia delle competenze, delle attitudini che lo rendono più o meno adeguato ad un ruolo. Abbiamo discusso francamente tra di noi, abbiamo valutato i documenti prodotti ed abbiamo ritenuto che Giulia fosse più adatta a fare il segretario; un convincimento che avevo cominciato a maturare nel corso del percorso congressuale, durante il quale ci siamo ascoltati in quella ventina di incontri che abbiamo tenuto nei circoli di tutta la provincia. Da parte di Elisa ho ascoltato interventi suggestivi, per carità, certamente di visione, ma lontani dal Trentino, lontani dal Partito, lontani dalla realtà delle amministrazioni comunali e provinciale nelle quali il PD è impegnato. Nello stesso periodo e nelle stesse occasioni ho imparato a conoscere la concretezza e la tempra di Giulia Robol, pur nella distanza di proposte che appariva evidente a chiunque ascoltasse i nostri interventi senza il pregiudizio del tifoso. Una distanza che, come spiegherò più avanti, si è venuta colmando nell’ultima settimana, mentre è rimasta e si è consolidata una sintonia comune sull’idea di politica fatta di confronto con la realtà e non di proclami, costruita sulla fatica quotidiana dell’amministrazione e non sugli slogan ai quali non è sempre facile dare seguito. La leggerezza della proposta di Elisa mi è stata confermata dal documento che mi ha inviato domenica. A dir la verità la ringrazio perché nell’occasione ho imparato il significato della parola “draft”, come lei ha definito l’allegato nella mail di accompagnamento; nella stessa ha anche sottolineato come fosse un documento aperto ad integrazioni e modifiche, ma mi permetterete di pensare che dopo un mese di dibattiti mi aspettassi qualcosa di preciso, concreto e definitivo. Invece ho ritrovato quella tendenza alla visione indefinita, quell’impalpabilità programmatica, quell’assenza dalla realtà dei territori che compongono il nostro Trentino. Mi si perdonerà la brutale franchezza, ma le sue dichiarazioni e le miserie di alcuni suoi supporters mi hanno oltremodo indisposto e quindi non mi resta che affidarmi alla schiettezza necessaria.
Nel corso del percorso congressuale ho invece riscontrato ampia sintonia con entrambe le candidate alla segreteria sulla questione dei vitalizi. La nostra posizione è stata fondata sin dall’inizio sul massimo rigore e sulla revisione e attualizzazione del concetto di “diritto acquisito”, da considerare alla luce dei diritti delle generazioni future e dei disoccupati.
E cosa ci sarà mai stato di così mirabolante da convincermi nel documento di Giulia Robol? Nient’altro che dichiarazioni precise, affermazioni esplicite che mi hanno dimostrato la reale volontà di riconoscere la presenza delle nostre idee nella guida del PD del Trentino. Sapete tutti quanto ci stia a cuore il tema della partecipazione dal basso e l’idea del Partito aperto e per questo ho apprezzato parole come: “….Circoli aperti dove anche i non iscritti devono poter trovare gli strumenti per partecipare, condividere le loro esperienze e le loro competenze, perché non può essere una tessera a frenare la richiesta di partecipazione che c’è” e leggere affermazioni impegnative sui referendum interni: “…..la consultazione di iscritti e/o elettori diventi parte integrante dei processi decisionali ordinari, in maniera tale da poter interagire con l’agenda dei diversi organismi interni. Utilizziamo e valorizziamo la banca dati costruita con le primarie, non solo per chiamare gli elettori a consultazioni elettorali, ma anche per attuare percorsi di ascolto, proporre occasioni di dibattito o forum tematici in rete. Attiviamo e regolamentiamo i referendum interni e le altre forme di consultazione e di partecipazione degli elettori e/o degli iscritti”. Non vi nego che le affermazioni di alcuni sostenitori di Giulia sul tema delle primarie mi preoccupavano, ma anche su questo ha preso un impegno preciso: “….pur consapevoli del fatto che lo strumento delle primarie non possa esaurire da solo la richiesta di partecipazione, si ribadisca la sua centralità ed il carattere fondativo rispetto alle strategie di selezione della classe dirigente del PD del Trentino. Se ne ripensi la loro regolamentazione, si utilizzino puntando all’efficacia, ma non se ne metta in discussione la natura simbolica e politica.” Ed ancora sul tema del ricambio della classe dirigente: “il limite dei mandati venga ribadito e consolidato a tutti i livelli, a prescindere da alchimie interpretative, senza derogare, salvo i casi previsti dallo Statuto, dal limite dei tre mandati (o durata equivalente);” Ed infine sul ruolo e la centralità dell’Assemblea provinciale “….Presidente dell’Assemblea che si impegni in primo luogo a farla funzionare quale organo deliberativo dell’indirizzo politico del PDT. A tal fine propongo che venga adottato entro tre mesi un regolamento dell’Assemblea che preveda quorum strutturali ben definiti per la sua valida costituzione, un procedimento chiaro per la presentazione di mozioni, ordini del giorno e risoluzioni e quorum deliberativi per la loro votazione, la regolamentazione dei poteri del suo Presidente nella preparazione e conduzione dei lavori, così come il diritto di parola e di voto dei partecipanti” . Ove fosse necessario, l’elezione di Lucia Fronza Crepaz rappresenta una garanzia assoluta in tal senso e mi è spiaciuto constatare che nessuno dei delegati di Elisa le abbia dato il voto. Sul rapporto con il PD nazionale con Giulia eravamo già in sintonia “ridefinizione del rapporto con il partito nazionale in chiave federata ed a sperimentare nuove relazioni attraverso il dialogo e il confronto tra le comuni esperienze riformiste dell’arco alpino;” mentre avevo bisogno di chiarezza sul rapporto con gli altri partiti del centro sinistra autonomista e l’ho avuta dalle seguenti parole: “…al PD spetta il compito di rafforzare la gamba progressista e riformista della coalizione per riequilibrare quella moderata” ed ancora “…i socialdemocratici ed i verdi sudtirolesi, tirolesi e bavaresi devono essere i nostri interlocutori privilegiati”. Sulla riforma delle Comunità di valle io e Giulia avevamo e manteniamo opinioni diverse, ma Giulia si è impegnata a fare quello che avrei fatto io se fossi stato eletto segretario: “si promuova una campagna di razionalizzazione dei livelli di decisione istituzionale e della riduzione della spesa pubblica avviando una consultazione ampia tra iscritti ed elettori sulla riforma delle Comunità di Valle”. Infine la pianificazione territoriale: “ ….Rivisitazione che parta da un monitoraggio di tutte le situazioni che appaiono critiche sul territorio (ad es. Serodoli, l’ampliamento della Valsugana, il parco dello Stelvio, la Pirubi) aprendo su di esse un confronto serio, approfondito e risolutivo con le articolazioni territoriali del PD, perché le soluzioni non siano scollegate dalle posizioni dei territori di riferimento e dagli accordi che gli stessi troveranno con la Provincia. Rivisitazione che si concentri sul recupero e sulla valorizzazione del patrimonio esistente e non sul consumo e l’aggressione del suolo ancora inutilizzato”
Questi erano i nodi più delicati da sciogliere e questo è stato fatto, anche grazie ad un’ispirazione comune e ad un’idea di partito condivisa, quella di un partito aperto, che discute ascoltando tutti e decide per il bene comune.
Un altro elemento sul quale si è costruita la mia decisione è quello dell’autonomia, non l’Autonomia del Trentino, bensì quella delle due candidate. Non ci giro intorno: i big a sostegno dell’una e dell’altra per me pari sono. Distinguere tra buoni e cattivi nella passata gestione del PD mi sembra sinceramente fantasioso e proclamarsi alfiere del rinnovamento portando sul groppone gli endorsment (alcuni ribaditi più volte sulle pagine dei quotidiani locali) di tre dei candidati alla segreteria provinciale nel 2009 (e che per inciso avevano insieme totalizzato circa il 78% dei consensi) richiede una buona dose di spregiudicatezza. Il lavorio di alcuni di essi nell’ultima settimana a favore di una gestione unitaria che avrebbe riprodotto le storture e la palude della precedente e il tentativo dell’ultimo minuto di convincere Giulia a sostenere Elisa messo in atto da uno di questi big mi ha confermato in un dubbio che mi ha accompagnato per tutta la campagna congressuale: intorno ad Elisa si era concretizzato un blocco di potere il cui unico obiettivo era la vittoria del congresso ed il controllo della futura segreteria. Non credo che Elisa ne fosse consapevole, certamente non ne era complice, ma altrettanto certamente non ha fatto quasi nulla per marcare le differenze. Mi perdonerete per la franchezza, ma le accuse di opportunismo mi irritano e credo di non meritarle.
Le ultime righe le dedico all’argomento più difficile da contrastare, il cosiddetto tradimento del risultato del voto popolare. Chi lo sostiene in buona fede merita tutto il mio rispetto, pur non condividendolo, perché manifesta l’amarezza dell’elettore democratico accumulata nel tradimento dei 101, nel governo con Berlusconi, nei fallimenti di Bersani e nella congiura che ha affossato il governo Letta, a sua volta figlio del momento più basso ed umiliante della pur breve storia del PD. Di fronte a questi non resta che ripetere che le regole erano chiare, che il risultato era perlomeno definibile equilibrato (37, 32 e 30%) e che Giulia Robol è stata eletta dai delegati del 62%. A chi lo sostiene in malafede va comunque la mia comprensione: aver dilapidato il 78% del 2009 o il 63% di Renzi dell’8 dicembre scorso capisco che sia dura da digerire, ma credo che dovrebbe farvi riflettere sull’adeguatezza della candidatura espressa e sulla credibilità dei suoi supporter più prestigiosi.
Vanni Scalfi